IL RUOLO DEL COUNSELOR COME FACILITATORE DEL BENESSERE E DELLA RICERCA DI SENSO

Carl Rogers amava dire che “siamo tutti unici e irripetibili”. Allo stesso tempo l’oracolo di Delfi affermava “conosci te stesso”. Due affermazioni forti che, se collegate, unite ci portano a una riflessione fondamentale: per essere ciò che siamo, per riconoscere la nostra unicità, serve un percorso di conoscenza, serve la divina conoscenza, serve la sofia.
In quest’ottica il counselor è un facilitatore, uno cioè che porta i pesi del viaggiatore indicandogli la strada ma senza mai sognarsi di tracciargli l’eventuale cammino da seguire.
D’altronde il senso della vita e ciò che noi siamo non si scopre mai una volta per tutte. Recenti ricerche hanno evidenziato come ad esempio per il bambino il senso della vita sia soprattutto nella famiglia, soprattutto nella figura della madre che rappresenta il suo principale punto di riferimento. Crescendo le cose cambiano, anche in modo diametralmente opposto. L’adolescente infatti cerca se stesso e si oppone alla famiglia per cercare se stesso che trova più facilmente nel gruppo dei pari. Così, se nella giovinezza prevale il senso dell’esplorazione, nella maturità troviamo il desiderio di stabilità e sicurezza. Infine, nella cosiddetta terza età, si entra in una fase che per certi versi potremmo definire di coraggio. Proprio Rogers intorno agli ottant’anni pubblica “On-becaming a person” nel quale asserisce che in questa nuova età è sempre lui anche se deve trovare la forza, il coraggio appunto, di cambiare delle abitudini.
Emerge chiaramente in questi passaggi un elemento significativo: la continuità della propria identità e la possibilità che tutti questi cambiamenti richiedano un supporto. Rogers definiva il counseling uno STRUMENTO DI BENESSERE per realizzare al meglio le proprie potenzialità e capacità che, a volte, vanno scoperte.
Il counselor ha proprio questa funzione: far trapelare al proprio cliente le sue reali possibilità attraverso innanzitutto l’empatia, l’autenticità e l’accettazione e ricordando che ognuno di noi è dotato di un io spirituale. Per spiritualità non s’intende la professione di un credo, di una religione, piuttosto la consapevolezza che la nostra vita non si limita al mangiare, al bere, al divertirsi e al fare l’amore (in altre parole al soddisfacimento di quelli che Maslow definisce come bisogni primari).
Viktor Frankl, fondatore dell’analisi esistenziale e della logoterapia, sostiene che la mancanza di spiritualità determini la nevrosi noetica, una nevrosi che scaturisce dalla mancanza di senso. Sarebbe utile allora tornare ai messaggi originali delle religioni per ricongiungerci a quelle fonti di saggezza, che non differiscono poi di molto le une dalle altre, e ritrovare nel cuore di questi antichi insegnamenti il senso di ogni cosa per la giusta direzione nella nostra vita.
In questa dimensione il counselor accompagna il cliente a trovare nuovi significati esistenziali, ampliando la cornice di partenza in una prospettiva sociale, culturale e spirituale più estesa e, allo stesso tempo, più profonda perché direttamente collegata con le sorgenti del proprio essere, del proprio sentire e della propria volontà.